“Ho riflettuto molto sulla nostra rigida ricerca, mi ha dimostrato come ogni cosa sia illuminata dalla luce del passato… in questo modo io sarò sempre lungo il fianco della tua vita e tu sarai sempre lungo il fianco della mia.”

da OGNI COSA E' ILLUMINATA - Jonathan Safran Foer

domenica 16 gennaio 2011

EUGENIO GIUSEPPE LIMARZI

EUGENIO GIUSEPPE LIMARZI è il terzo figlio di FRANCESCO, nato a Marzi il 25 gennaio 1862.

Questa data non è poi così un dettaglio in quanto rappresenta uno spartiacque molto importante per la nostra storia: è l’ultima traccia in assoluto di Francesco a Marzi. Potrebbe oltretutto essere una traccia per così dire "postuma" in quanto egli, a mio parere, si era già allontanato lasciando a Marzi la sua Giovanna per seguire Garibaldi nella sua battaglia per l'Unità d'Italia.
Con questa nascita in ogni caso, la famiglia scompare completamente dalle anagrafi, dai testi e dalle cronache per un lungo periodo e “ricompare” quasi all'improvviso nel 1872, con la nascita di Egidio a Castellammare di Stabia.
Ma di questo abbiamo parlato abbondantemente nei post dedicati alla vita di Francesco. Quello che invece ci interessa in questa sede è constatare che, per quello che riguarda il nostro ramo, Eugenio è l’ultimo dei Limarzi di Marzi. Con lui la nostra storia si separa dal paese che ci ha dato le origini e il cognome.

Un'altra considerazione riguarda il suo nome, completamente "anomalo" per la nostra famiglia che era caratterizzata (come tutte le famiglie dell'epoca fra l'altro) da una ripetitività quasi ossessiva quando si trattave di battezzare i nuovi nati. Il primogenito doveva prendere il nome del nonno paterno, la primogenita quello della nonna paterna o, al limite di una zia, i rimanenti prendevano quasi sempre il nome di componenti della famiglia del padre. Solo fra questi ultimi, raramente, si poteva trovare qualche concessione verso la famiglia materna.
Stavolta invece c'era un nome che esulava da questi schemi. Certo non del tutto. Trattandosi di un nome composto li seguiva solo in parte: Giuseppe era il nome di un fratello e di uno zio di Francesco, ma da dove usciva Eugenio? Prima di allora nessuno in famiglia si era mai chiamato così. La mia idea ben precisa è che si sia trattato di una dedica al "compagno di rivoluzione" di Francesco, Eugenio Tano, anche lui garibaldino, che fu un protagonista di primissimo piano nella sommossa calabrese contro i Borboni. Tutto depone a favore di questa tesi a cominciare dalla evidente coincidenza temporale. Eugenio è stato concepito nel pieno dei fermenti e delle lotte che, nel 1861, videro nascere la nosta Nazione. E se Francesco sarebbe in seguito passato dalle armi alla poesia, Eugenio Tano, di tre anni più giovane e introdotto all'arte dal padre Carlo, divenne  pittore e artista affermatissimo. Anche di lui parliamo diffusamente nel capitolo Francesco e l'unità d'Italia.


E in più dobbiamo prendere atto anche di un altra coincidenza. Forse il suo destino stava già scritto nel nome, o forse chissà, ma sta di fatto che anche il nostro Eugenio divenne anch'egli un pittore. E casuale non deve essere stato nemmeno l'accanimento con il quale Francesco ha instradato e incoraggiato il figlio a perseverare su questa strada.

Anche le tracce di Eugenio, comunque, si persero nei meandri del fermento che ripercorreva un’Italia in quegli anni.
Il filo della sua storia si riannoda solo nel 1880 anno in cui, appena diciottenne, partecipò con alcune sue opere alla Esposizione dell'Istituto delle Belle Arti di Napoli (istituto di cui era studente). Successivamente proseguì i suoi studi a Roma (sempre nell'omologo Istituto di Belle Arti) e nella capitale partecipò alla ben più prestigiosa Esposizione Nazionale di Roma del 1883 con due opere dal titolo "La vita nel villaggio" e "Non vi è frutta senza fiori". Sono sicuro che questi dipinti sono ancora da qualche parte.






Accadde poi che nel luglio 1885, proprio mentre la formazione pittorica di Eugenio stava fiorendo, scese a Castellammare uno dei maestri della pittura napoletana e italiana del tempo, Domenico Morelli. La cosa mise in grande fermento gli ambienti della cultura locale e Francesco capì subito che non era il caso di farsi sfuggire l'occasione. Assieme ad un gruppo di amici, in una calda serata d’estate, fece visita all'artista al quale mostrò alcuni bozzetti del figlio. Quello che accadde quella sera non sarebbe certo mai arrivato alla nostra conoscenza se, per avventura, la cronaca di quella serata, non fosse finita addirittura in un libro. Precisamente finì in una raccolta di racconti stabiani di Piero Girace con il titolo “Una serata nella villa di Morelli” (racconto che pubblico integralmente in altra parte del sito) che cominciava così:
“Castellammare ha una giocondità giovanile: gioconde le sue case vestite di rosa e di bianco; festose le sue strade piene di gente allegra e spaesata.”


Il racconto testimonia quanto Eugenio avesse mostrato, sin da giovanissimo, una forte inclinazione per l’arte e quanto questa sua inclinazione sia stata sempre fortemente incoraggiata dal padre:
“Questo suo figlio ha una vera vocazione per la pittura; tutto il santo giorno non fa che disegnare a penna, a lapis su di ogni pezzo di carta che trova in casa.”
Francesco usava accogliere di buon grado il ragazzo nel proprio studio di verificatore metrico. Qui poteva trovare i grandi fogli necessari e si sbizzarriva a “schizzar paesaggetti e figurine”.
Ed è un concetto, questo, che sottolineo fortemente perché si tratta di una cosa che si verifica raramente anche ai giorni nostri, figuriamoci nel meridione d’Italia di fine ‘800! Quanti genitori, anche oggi, avrebbero detto ad Eugenio di lasciar perdere e di cercarsi un lavoro che gli avesse dato da mangiare?

Quella sera invece, proprio trascinato dalla foga ancora giovanile del padre, e dalla sua lungimiranza Eugenio se ne stava un po’ imbarazzato al cospetto di quello che, come racconteranno le sue biografie, sarebbe diventato il suo maestro: l’affermatissimo pittore, nonché futuro senatore del Regno, Domenico Morelli. Ma il più emozionato di tutti era proprio lui, suo padre, che ne attendeva trepidante il giudizio in merito ad alcuni lavori del figlio che aveva portato con sé. Giudizio che fu, fortunatamente, positivo:

Si è fatto tardi.
Il Verificatore metrico si fa coraggio alla fine e dice a Morelli:
— Maestro, vorrei farvi vedere i lavori di questo ragazzo.
Ed indica il giovinetto, che se ne sta lì, mezzo stordito.
— Sì, fatemeli vedere.
Allora il professor Limarzi, raggiante, spiega i grandi rotoli e li porge al Maestro.
Sono paesaggi, figure, fatti a penna ed a lapis.
Sussegue un religioso silenzio. Morelli osserva le carte spiegate davanti a lui.
Il Verificatore metrico attende ansioso. Infine dice: — Che ve ne pare? Che ve ne pare?
Morelli carezza l’artista adolescente che sta accanto a lui con il volto compunto e gli occhi abbassati, poi con un sereno sorriso risponde:
— Non c’è male. Per la sua età è già molto. Il giovane ha molte attitudini. Deve però lavorare ancora; lavorar molto e studiar molto.
Il Verificatore, soddisfatto ripiega i rotoli, e chiede al Maestro se è il caso di far continuare il ragazzo su quella strada.
— Bisogna farlo continuare — risponde Morelli. — II giovane ha molte attitudini.”



Quella sera è nato un pittore e lo si deve certamente alle attitudini artistiche di Eugenio, ma anche a suo padre Francesco che nonostante la sua “aria da brigante silano”, nonostante il suo aspetto alto, erculeo, rumoroso” era “letterato finissimo” e, aggiungo io, grande uomo di cultura.

Eugenio di Morelli divenne successivamente allievo, partecipò, di nuovo a Napoli, alle esposizioni del 1886 e 1887, ma poi, sarebbe bello sapere il perché, nel 1888 o 1889 (qui le due biografie che ho rintracciato discordano) si trasferì in Argentina e più precisamente a Buenos Aires.
Qui la sua carriera decollò sia come docente, sia come artista.



Come docente insegnò al Colegio Nacional de Buenos Aires e al Colegio Nacional Carlo Pellegrini. Nel 1901 fondò assieme a José Bouchet la Academia de Bellas Artes para senoritas dove recita una biografia “le signorine delle principali famiglie accorrevano per prendere lezioni”. Collaborò a diverse pubblicazioni nel paese.

Come artista venne premiato più volte in esposizioni sia italiane che straniere ove riscosse un certo successo. Nel “Dizionario Biografico degli Italiani al Plata” (qui sotto riportato), edito a Buenos Aires nel 1899 di Eugenio viene affermato che “è decoro dell’arte italiana nella colta metropoli argentina”.

Attualmente ci sono diversi pittori contemporanei in Argentina che vengono definiti, nelle rispettive biografie, allievi del maestro Eugenio Limarzi che viene a volte citato come “gran pintor Napoletano”.

Sue opere sono custodite ed esposte a Buenos Aires al Colegio Militar de la Nacion, al Colegio Nacional, alla Facoltà di Medicina e all’Accademia di Medicina.
Nelle sale del MUMA (Museo Municipal de Arte – Junin – Buenos Aires) è esposta un’opera di Spizzo Liberato dal titolo “El maestro Eugenio Limarzi” - 33X26 - 1945 – che a mio parere è quasi certamente un suo ritratto (purtroppo nel catalogo che ho rintracciato on-line non ce n'è la riproduzione). Una sua tela è stata esposta al Terzo Salone di Mar del Plata.

Fra le sue opere che sono riuscito a rintracciare ci sono queste due che pubblico qui di seguito:

RITRATTO DI DOMINGO FAUSTINO SARMIENTO (anno 1935 - 296 x 200)
E' un'opera dalle dimensioni imponenti che fa parte del patrimonio storico e culturale del il Colegio Militar de la Nacion ove è esposta nella sala delle armature. E’ un ritratto postumo, dipinto nel 1935, di Domingo Faustino Sarmiento che, per la cronaca, non è un proprio un soggetto qualunque, visto che si tratta del Presidente dell’Argentina che è stato in carica dal 1868 al 1874.


Eugenio Limarzi - Ritratto di Domingo Faustino Sarmiento  - 1935
2,96 x 2 - Colegio Militar de la Nacion - Hall Armaduras - Buenos Aires

LOS CARDOS (anno sconosciuto - cm 55 x 66)
Opera che è entrata a far parde del programma intrapreso dal governo argentino per il recupero dei beni culturali del paese.



Questo è quello che sono riuscito a mettere assieme di Eugenio con i miei mezzi. Spero che, leggendo questo post, i Limarzi argentini mi possano dare un qualche aiuto in più…

Un dato comunque è certo: quel timido ragazzo dell’incontro a Villa Morelli un bel po’ di strada ne ha fatta. Non solo perchè da Castellammare a Buenos Aires i chilometri sono tanti, ma ancora di più perchè lungo e impervio deve essere stato il percorso che è partito da quegli schizzi nello studio del padre e che lo ha portato a diventare un pittore affermato.


Eugenio mentre dipinge a Cordoba nel 1934
Ormai manca dall'Italia da più di 40 anni, i capelli sono diventati bianchi ma, ciò nonostante,  non ha dimenticato il fratello Silvio al quale invia una foto. Fa sorridere  e intenerisce la dedica: "sono io in campagna...": il tempo si dilata, non ci si vede più da tempo immemorabile e ci si sente in dovere di specificarlo anche ad un fratello. Altrimente si rischia di non venire riconosciuti...
(foto pervenuta da Marco Limarzi - Le altre due pubblicate in questo post sono pervenute da Silvio Limarzi '51)

Al di là di ogni altra considerazione però, la mia convinzione è che quello che per Eugenio è più contato nella vita sia stato l'avere avuto la possibilità di viverla facendo ciò che più lo appassionava. E, per questo, sono certo che, mentre se ne stava a dipingere in silenzio, a migliaia di chilometri di distanza dai luighi dove era nato, con l'unica compagnia dei suoi amati pennelli, abbia più volte ringraziato il Cielo per avergli dato un padre come Francesco.

Eugenio morì a Buenos Aires a 86 anni, il 18 ottobre 1948. Risalire a tale data è stoto piuttosto complicato visto che nelle sue biografie c'erano date completamente discordanti, ma è senz'altro questa. Se non bastasse la fonte assolutamente autorevole (la "Gran Enciclopedia Argentina") dalla quale l'ho tratta, potremmo trovarne ulteriore conferma nel fatto che nel 1949 alcuni suoi amici organizzarono, assieme ai suoi alunni, una mostra commemorativa in occasione del primo anniversario della sua scomparsa.


TESTO INTEGRALE DELLA NOTA BIOGRAFICA DI EUGENIO CONTENUTA NEL "DIZIONARIO BIOGRAFICO DEGLI ITALIANI AL PLATA"





SILVIO LIMARZI

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